Piatti tipici: malloreddus sardi
La cucina per molti è una vera passione soprattutto quando si abbina al viaggiare. Nonostante esista lo stereotipo secondo il quale noi italiani, quando andiamo all’estero, cerchiamo e mangiamo solo cibi italiani, spessi di pessima qualità, non sempre è così. Seppur ci spaventino cucine che differiscono dalla nostra, non siamo timorosi di provare, soprattutto quando siamo sul nostro territorio. Ecco, quindi, che scettici fuori dai confini, diventiamo temerari quando ci capita di viaggiare nelle regioni del nostro paese e incontrare piatti differenti da quelli a cui siamo normalmente abituati. Se siamo stati in Puglia ed abbiamo assaggiato le orecchiette con le cime di rapa, siamo stati in Liguria ed abbiamo mangiato il pesto, oggi ci rechiamo fuori dalla penisola italica, verso una delle due isole più grandi del nostro paese: la Sardegna.
I gustosi malloreddus e tutto il sapore della Sardegna
Questa straordinaria isola è ricca di prodotti alimentari preziosi che vanno dal pecorino sardo al Cannonau, vino Doc, dalla bottarga al Vermentino. Ma quello che per molti è considerato il piatto tipico della Sardegna sono i malloreddus. In Sardegna è noto il dialetto sardo che è una lingua romanza che deriva dallo spagnolo. Per questo moltissime parole, come anche malloreddus appunto, hanno un suono tanto diverso da quello che è tipico della lingua italiana. Ma cosa sono i malloreddus? Conosciuti anche con il nome di gnocchetti sardi, sono un tipo di pasta tipica della tradizione culinaria di questa isola. Ciò che li caratterizza è la loro forma a conchiglia rigata. Hanno le dimensioni di circa 2 cm, anche se ve ne sono di più grandi, e sono realizzati con la semola e con l’acqua.
Ma malloreddus non è l’unico nome con cui sono conosciuti questi deliziosi gnocchetti. Nel Sassarese sono chiamati cigiones o ciciones, nel Logudoro macarones caidos o macarones de punzu, nel Nuorese cravaos. Il termine malloreddus plurale di malloreddu è il diminutivo della parola malloru, che in sardo campidanese, dialetto parlato nella zona meridionale e centro-meridionale della Sardegna, significa toro. Ecco, quindi, che malloreddus vuol dire vitellini. Ai giorni nostri i malloreddus vengono preparati dalle massaie in occasione di ogni importante festività, addirittura anche per le cerimonie nuziali. Antiche origini nel nome, che si ispira alla tradizione pastorale per cui questa regione è nota, ed antiche origini anche nella preparazione. Non a caso per la realizzazione dei malloreddus occorre la farina di semola di grano duro, una versione meno raffinata della tradizionale farina di grano bianca.
Non poteva essere altrimenti poiché la Sardegna è da sempre stata grande coltivazione di questo cereale tanto che nel periodo dell’Impero romano era chiamata “il granaio di Roma”. Ma come si realizzano i malloreddus? Qual è il procedimento per creare quelle striature tanto ricercate che si rivelano straordinarie quando si tratta di catturare il sugo di condimento? Seguendo la tradizione sarda, la lavorazione avveniva in ambito casalingo impastando la semola di grano duro con l’acqua ed un pizzico di sale. Si mischiavano fino ad ottenere un impasto compatto e sodo. A questo punto venivano cerate delle listarelle arrotolate di pasta della lunghezza di circa 15 cm, proprio come siamo soliti fare per i classici gnocchi. Le listarelle venivano tagliate a cubetti e poi si otteneva la forma schiacciando i cubetti di pasta contro l’estremità di un cesto in paglia, detto su ciuliri, per dargli quella riconoscibile forma rigata.
Per chi volesse realizzarli in casa i quantitativi per 4 persone sono 400 gr di farina di semola di grano duro
e 200 ml acqua. La ricetta classica prevede l’utilizzo nell’impasto dello zafferano che da ai malloreddus un bellissimo colore giallo intenso. Basterà diluire una bustina di zafferano nell’acqua ed unirla alla farina. Una volta realizzati metteteli su di un panno ad asciugare prima di cucinarli. In realtà ciò che rende i malloreddus davvero straordinari è l’abbinamento con un delizioso sughetto tipico della tradizione sarda. Il piatto è da tutti conosciuto come malloreddus alla campidanese, la più vasta pianura della Sardegna. Ecco quali sono gli ingredienti per realizzare questo prelibato ragù:
- 400 gr gnocchetti sardi
- 300 gr di salsiccia
- 200 gr di pecorino sardo fresco
- 50 gr di cipolla
- 300 gr di passata di pomodoro 300 g
- Olio extravergine di oliva
- Sale
Preparazione
Per preparare i malloreddus alla campidanese la prima cosa da fare è realizzare il soffritto. In una capiente casseruola versate l’olio extravergine di oliva e la cipolla che avrete avuto cura di sminuzzare finemente. Fatela appassire lentamente, a fiamma bassa. Intanto, a parte, eliminate il budello dalla salsiccia e sbriciolatela con le mani. Unitela al soffritto di cipolla e fatela rosolare per almeno 15 minuti a fuoco vivace. Quando la salsiccia avrà assunto un colore dorato unitevi la passata di pomodoro. Mescolate e portate a bollore. Coprite con un coperchio e lasciate cuocere il ragù per almeno un’ora. Regolate di sale. Quando il ragù sarà pronto mettete sul fuoco la pentola con l’acqua per la cottura del malloreddus. Quando l’acqua bolle versate la pasta, salate e fate cuocere. Trattandosi di pasta fresca basteranno pochi minuti.
A parte versate in una ciotola il pecorino sardo e diluitelo con l’acqua di cottura della pasta. Frullate il tutto con un frullatore ad immersione fino ad ottenere una crema fluida ed omogenea. Aggiungete altra acqua se l’impasto dovesse risultare troppo compatto e denso. Quando gli gnocchetti sardi verranno a galla potete scolarli e condirli con il ragù alla campidanese e con la salsa a base di pecorino. Mischiate con cura la passata con il sugo e servite i malloreddus alla campidanese ancora fumanti. Abbiamo visto come lo zafferano venga di solito aggiunto all’impasto per la pasta. Alcuni, però, preferiscono unirlo al ragù, poco prima di unirlo ai malloreddus per condirli. Nel caso abbiate preparato qualche gnocco in più potete conservarlo in frigo in un contenitore ermetico non più di un paio di giorni. Evitate di congelarli, una volta tirati fuori dal freezer non perdono la loro consistenza callosa.
Conoscere la tradizione culinaria del nostro paese ci permette di arricchirci e di apprezzare la terra in cui viviamo. Per questo motivo dobbiamo continuare a conservarla in cucina preparando piatti tipici regionali. Quando la cultura del territorio si unisce a quella della cucina possono nascere dei veri capolavori ed i malloreddus ne sono un esempio.