La storia del vino
Il vino è tra le bevande più diffuse al mondo da tempi antichissimi, dopo l’acqua naturalmente. Ricordiamo divinità greche e romane banchettare con questo delizioso liquido. Da allora è giunto fino a noi perfezionandosi nel sapore. Ma come è nato il vino e come è stato modifica negli anni? Il vino è una bevanda alcolica che si ottiene dalla fermentazione dell’uva o del mosto. Il vino si può avere anche da uve appartenenti ad incroci della Vitis vinifera con altre specie del genere Vitis. Secondo leggi italiane ed europee, solo il prodotto ottenuto dalla fermentazione di uve di Vitis vinifera può essere chiamato vino, questo per proteggere la qualità di un prodotto di eccellenza. Ecco quindi che non sentirete mai parlare di vino se quello che bevete è il risultato di fermentati diversi. Con queste bevande, però, se fatte invecchiate a dovere per almeno 12 mesi, si ottengono ottimi brandy.
Il vino ha una storia lunghissima, scopriamola insieme
Sappiamo bene che esistono tantissime varietà diverse di vini e questo è dovuto al fatto che in tutto il mondo esistono differenti vitigni, risultato di secoli di evoluzione. Ad influire sul risultato finale sono anche il clima, il terreno su cui l’uva cresce, l’esposizione solare e la cura con cui viene coltivata la vite da cui nascerà il liquido rosso o bianco conosciuto come vino. Il termine vino deriva dal latino vīnum, parola che si è diffusa ed è presente in tutti i vocabolari di tutto il mondo. Abbiamo detto che il vino è una bevanda molto antica, ma quanto antica? Nella zona del Valdarno Superiore, nei pressi di Montevarchi, sono stati rinvenuti in depositi di lignite, reperti fossili di tralci di vite risalenti a 2 milioni di anni fa. Ma questo non è stato l’unico ritrovamento di questo tipo. In ambito archeologico sono tante le testimonianze della presenza della vite, tanto da consentire agli studiosi di stabilire che la Vitis vinifera cresceva spontanea già 300.000 anni fa. Addirittura parrebbe che già nel neolitico l’uomo fosse in grado di ottenere una bevanda molto simile al nostro vino. Probabilmente si tratta di una scoperta casuale quella della fermentazione.
Ad un certo punto, però dal consumo della vite selvatica si è passati alla sua addomesticazione e poi coltivazione. Le più antiche tracce di questo fenomeno sono state rinvenute sulle rive del Mar Caspio e nella Turchia orientale. Durante il secolo scorso gli archeologi hanno casualmente portato alla luce la più antica giara di vino mai rinvenuta. Nel 1996, infatti, una missione archeologica statunitense, proveniente dall’Università della Pennsylvania e diretta da Mary Voigt, ha scoperto nel villaggio neolitico di Hajji Firuz Tepe, nella parte settentrionale dell’Iran, un contenitore di terracotta contenente una sostanza secca proveniente da grappoli d’uva. Il reperto fu dato al 5100 a.C., quindi a 7000 anni fa, ma gli specialisti affermano che il vino è stato prodotto per la prima volta tra 9 e 10000 anni fa nella zona del Caucaso. La cosa avvenne, con molta probabilità, in maniera del tutto casuale dopo aver lasciato dell’uva in un recipiente e dopo che questa, con il sole era giunta a fermentazione.
Dopo la prima iniziale scoperta si passò ad una produzione su larga scala iniziata tra il 4100 e il 4000 a.C. Il termine post quem è relativo ai ritrovamenti della prima casa vinicola trovata nel complesso delle caverne del comune armeno di Areni. Con il trascorrere del tempo e con la comparsa della scrittura, iniziano a crearsi testimonianza chiare e tangibili della coltivazione di questa straordinaria pianta. I primi documenti riguardanti la coltivazione della vite risalgono al 1700 a.C., ma è solo con la civiltà egizia che si ha lo sviluppo delle coltivazioni e la produzione del vino secondo criteri e tecniche specifiche. Ma non parliamo di fonti scritte qualsiasi, bensì della Bibbia, dove è riportato che l’invenzione del processo di lavorazione del vino è da attribuire a Noè, che, dopo il diluvio universale, avrebbe piantato delle viti creando una vera e propria vigna. Dall’uva ottenuta avrebbe creato il vino che “bevve fino ad ubriacarsi”. Ecco, probabilmente, perché per la religione cristiana il vino ha un significato tanto importante da essere considerato una rappresentazione, durante il sacramento dell’Eucarestia, del sangue di Gesù Cristo. Se all’origine il vino era una bevanda riservata a pochi, con l’avvento dell’Impero romano tutti, anche la plebe, aveva accesso a questo prodotto ormai divenuto di uso comune. Ecco perché, proprio durante questo periodo, le colture della vite si diffusero su gran parte dell’Impero, specie in Italia, in Gallia Narbonensis, in Hispania, in Acaia e in Siria.
Molto diffuso e tanto apprezzato il vino di quei tempi non aveva nulla a che vedere con la deliziosa bevanda che spesso troviamo sulle nostre tavole. Il vino nel passato, probabilmente come risultato delle tecniche di vinificazione e conservazione, risultava essere una sostanza sciropposa, molto dolce e molto alcolica, tanto da rendere necessario allungarlo con acqua ed aggiungere miele e spezie per migliorarne il sapore e renderlo più gradevole. Questo è quello che accadeva sulle tavole romane. I celti, popolo indoeuropeo stanziato tra la Gran Bretagna e l’Irlanda, invece, producevano una bevanda dolce e leggera, oltre che molto dissetante, che erano soliti conservare in botti di legno, piuttosto che nelle giare di terracotta come facevano gli antichi romani. Nonostante poco avesse a che vedere il nostro vino con quello romano, con la caduta dell’Impero, la viticoltura entra in crisi e ne uscirà soltanto in pieno medioevo, grazie all’attività di monaci benedettini e cistercensi. A partire dal Medioevo, la coltivazione della vite e la produzione del vino migliorerà grazie all’impiego di nuove tecniche che giungeranno fino a noi così come erano all’epoca. Nel periodo che seguì la caduta di uno dei più grandi imperi di tutti i tempi, venne stabilizzata la qualità del prodotto ed il gusto dei vini, nonché all’introduzione dell’utilizzo di bottiglie di vetro e dei tappi di sughero.
Altro momento buio per il vino si ebbe nel XIX secolo quando l’oidio e la fillossera, malattie della vite provenienti dall’America, distrussero enormi quantità di vigneti. I coltivatori furono costretti a innestare i vitigni sopravvissuti sopra viti di origine americana, la Vitis labrusca, resistenti a questi parassiti, e ad utilizzare regolarmente prodotti fitosanitari come lo zolfo. A partire dal Novecento, prima in Francia e poi in tutto il mondo, si inizia a regolamentare la produzione tramite l’introduzione di normative sull’origine controllata, sulla definizione dei territori di produzione, ecc. Questo a lungo andare portò a un incremento qualitativo nella produzione del vino a scapito della quantità. Di vino ne esiste tanto e per tutti i gusti e non stiamo esagerando. Infatti, esiste anche il vino vegano, cioè quel vino che è stato sottoposto ad un processo di verifica, effettuata da un ente terzo, atta ad indicare che tutti i processi di produzione, agronomici ed enologici, siano stati effettuati non utilizzando qualsiasi prodotto e/o attrezzatura di origine animale. Questi vini, però, rispondono alle esigenze di una clientela di nicchia, cioè il mercato specifico dei vegani. Di solito, le certificazioni per questo genere di prodotto hanno come requisiti minimi:
- il divieto di utilizzo di attrezzature di origine animale in tutte le fasi del processo, come, ad esempio, l’aratura del fondo con buoi;
- il divieto assoluto di usare, in fase di vinificazione, additivi di origine animale, come albumina o caseina;
- che tutti i materiali utilizzati non siano di origine animale comprese le confezioni;
- che venga apposto in etichetta un apposito adesivo che sancisca le caratteristiche vegane del vino.
Per noi italiani il vino, indipendentemente dal tipo e dalla varietà, è un bene prezioso. Per questo ogni anno, nel nostro paese si celebra uno degli eventi più famosi del mondo dedicato al vino: Vinitaly. Si tratta di un Salone Internazionale del vino e dei distillati, che si tiene a Verona dal 1967 e che ogni anno apre le sue porte a turisti e visitatori provenienti da ogni angolo del pianeta. L’esposizione del Vinitaly si estende per oltre 95.000 m² e conta più di 4.000 partecipanti l’anno con più di 150.000 visitatori per ogni edizione. Il salone raccoglie produttori, importatori, distributori, ristoratori, tecnici, giornalisti e opinion leader. Ogni anno ospita più di cinquanta degustazioni tematiche di vini italiani e stranieri e propone un programma di convegni che affronta i principali argomenti legati alla domanda ed offerta del mercato del vino. Per gli amanti del vino, il Vinitaly è un evento a cui bisogna partecipare almeno una volta nella vita.