Il cibo nella scultura
Chi ama l’arte la ama in tutte le sue forme ed in tutte le sue espressioni. Dipinti, mosaici, sculture, affreschi sono tutte espressioni di un qualcosa che per alcuni può trovare sfogo soltanto creando qualcosa di straordinario. In un certo senso qualcosa di simile, ma meno duraturo e più fruibile, può essere considerato il cibo. Non a caso l’arte è piena di opere che ritraggono come soggetto il cibo. Abbiamo visto cosa accade nella pittura e vedremo cosa succede nella scultura, come gli alimenti diventano espressione di un sentimento, di un pensiero.
L’amore per l’arte si esprime anche con il cibo nella scultura
Sono tanti gli artisti che hanno scelto di riprodurre alimenti nelle proprie sculture, ognuno con un significato proprio e personale. Vediamo, allora, alcune delle opere plastiche più famose e rappresentative di un arte che fonde insieme la scultura con il cibo.
La donna che macina semi
La prima scultura di cui vogliamo parlarvi è una scultura che rappresenta una donna egiziana che macina chicchi di un cereale. Questa antica e deliziosa opera è conservata nel Museo Archeologico Nazionale di Firenze ed è datata al XXV-XXIV sec. a.C. Questa opera ci mostra quello che erano soliti fare gli antichi egizi. Non a caso, nel 500 a. C., Ecateo di Mileto definiva gli Egizi come un popolo di “mangiatore di pane”, e questa scultura lo dimostra. La donna è china su una tavola e macina semi di cereali per preparare qualche prelibato manicaretto.
Ricordiamo che i cereali coltivati nella Valle del Nilo, fiorente grazie alle annuali inondazioni del fiume che, lasciando sul terreno uno strato di fertile limo, davano la possibilità di ottenere due raccolti l’anno, erano, soprattutto tre: il farro, uno specifico tipo di frumento e l’orzo. I chicchi di questi cereali venivano trasformati in farina con macine di pietra o a mano, dalle donne, che li frantumavano tra due pietre lisce proprio come la donna nella nostra statuetta. La cottura avveniva su lastre di pietra arroventate, nei tempi più antichi, e poi in forni cilindrici.
La dea Idun
Questa scultura è conservata presso il museo di Copenaghen, in Danimarca, e rappresenta la dea Idun che tiene in una mano una mela. Questo frutto è da sempre stato carico di significati allegorici. Per i greci e per i romani era un frutto prelibato e ricercato tanto che nella mitologia greca, la Madre Terra regalò a Giove ed Era, per il loro matrimonio, un albero di mele d’oro.
Come per Adamo ed Eva anche questo frutto era custodito da un serpente. Da allora la mela è associata non solo all’amore ama anche alla tentazione ed al peccato. La dea Idun, rappresentata nella scultura, è una dea della mitologia norrena, appartenente alla stirpe degli Æsir ed andò in sposa al dio della poesia Bragi. Idun detiene il possesso dei frutti miracolosi dei quali gli Dèi si nutrono per mantenersi immortali. Se da una parte, la mela rappresentala tentazione del peccato e l’amore, dall’altra è legata alla fertilità e alla purezza, soprattutto nell’iconografia cristiana.
Paolina Borghese Antonio Canova
Ricompare la mela ma, questa volta, a brandirla non è una dea indoeuropea ma una comune mortale, Paolina Buonaparte, che in questa straordinaria scultura identifica la Venere vincitrice. Un’opera neo-classica che riproduce un corpo di donna nuda a grandezza naturale, disteso su un giaciglio ed avvolto da drappeggi di cui quasi si può immaginare la consistenza soffice e delicata. Ma ciò che accomuna queste due sculture è il cibo, la mela in questo caso. Qui, però, questo frutto è simbolo di perfezione, perché è il premio che Venere ha ricevuto da Paride come più bella tra tutte le dee. Fu realizzata da Antonio Canova, a Roma tra il 1805 e il 1808 ed attualmente si trova presso la Galleria Borghese nella capitale.
Il Bacco di Michelangelo
Questa scultura fu richiesta dal cardinal Riario a Michelangelo durante un suo soggiorno a Roma nel 1496 ma, non venne mai consegnata e finì giardino del banchiere Jacopo Galli. Questa statua è alta ben 2,03 metri e realizzata con del pregiatissimo marmo di Carrara. Il gruppo raffigura Bacco, ebbro e barcollante, affiancato da un satiro bambino che ride maliziosamente e morde l’uva di nascosto. L’uva in questo caso rappresenta il simbolo del dio del vino ed il mezzo per ascendere e distaccarsi dalle cose terrene. Ma non solo, Michelangelo associa due simbologie agli antipodi: da un lato la morte con la pelle di leopardo stretta nella mano che trattiene un grappolo d’uva, dall’alto questa straordinaria frutta che rappresenta il simbolo della vita. L’opera è oggi conservata nel Museo nazionale del Bargello a Firenze.
Il guardiano dell’Orto
Questa scultura risale alla metà del XVII secolo e fu realizzata da uno scultore anonimo in pietra grigia. Lo scultore in questione, con tutta probabilità, si è ispirato a Giuseppe Arcimboldo o Arcimboldi, vissuto tra il 1526 ed il 1593. Arcimboldi fu un pittore italiano salito alla ribalta grazie ad alcune sue opere davvero originale, delle grottesche teste realizzate unendo ta loro oggetti ed elementi dello stesso genere. Tra i volti più noti vi sono quelli realizzati con frutta e verdura di stagione. Proprio come in questa scultura, realizzata unendo insieme ortaggi ed alimenti a creare un corpo che non a caso, è nominato Il guardiano dell’orto. Cibo ed alimenti diventano parte integrante di un corpo che è un tutt’uno con la natura essendo composto fino alla sua essenza più profonda.
Hora, la dea dell’autunno
Questa scultura è conservata presso